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I 100 KM DEL PASSATORE - 100 KM del Passatore | Firenze - Faenza

I 100 KM DEL PASSATORE

I 100 KM DEL PASSATORE

La cosa è molto semplice.

Si tratta solo di portare il proprio mucchietto di ossa, muscoli e tendini da un posto ad un altro, a 100 km di distanza.

Nulla di più, nulla di meno.

Una cosa lineare, insomma, che non richiede intelligenza o attitudini particolari, non richiede grandi capacità o tecnica, come, che sò, una bella risposta a tennis, o un tiro al volo all’incrocio dei pali.

Richiede solo gambe decenti, una testa dura, e, ovviamente, la voglia di farlo.

Questo pensi mentre ti allacci le scarpe mezz’ora prima della partenza della gara, seduto su un gradino di marmo, in una vicolo laterale a via dei Calzaiuoli, nello splendido pomeriggio del maggio fiorentino.

Firenze è splendida, in questo pomeriggio di sole, caldo ma non afoso, ma tu hai altro per la testa.

Sei calmo, di quella calma particolare che precede gli attimi prima della partenza, quando i giochi sono ormai fatti, e non puoi più tirarti indietro. L’eccitazione e la tensione sono state stemperate nell’attesa dei giorni prima, e nella buona cena nell’osteria fiesolana, complici anche due bottiglie di rosso che hai fatto fuori assieme a Sergio, che ti ha accompagnato assieme a Susanna, e che ti assisteranno ed incoraggeranno tutta la notte, durante la gara (grazie !!).

Verso le tre del pomeriggio, il popolo dei corridori si assembla in via dei Calzaiuoli….siamo poco meno di 1300, e, lo sappiamo, uno su quattro, di noi qui alla partenza, non arriverà in fondo : in media ne arrivano circa 900 o poco più a Faenza.

Ci guardiamo attorno, l’un l’altro, assiepati in prossimità della linea del via, ed ognuno pensa fra se e sé che sarà lui…l’altro…a non farcela…non tu, di certo, e cerchi di convincerti. di quello che pensi.

In fondo questa corsa è tutta nella tua testa, nella convinzione che hai, più che nelle tue gambe, che sai già in partenza inadeguate.

Ma in effetti, nessuno sà per certo, lì alla partenza, cosa succederà, ed in una corsa così lunga tutto può succedere e succederti, dalla crisi profonda, alla banale slogatura, e persino una fiacca al piede, o un’irritazione della pelle, diventano cose dolorose e che possono rovinare l’esito della corsa.

Ce ne sono di tutti i tipi, lì alla partenza…dai machos con muscoli saettanti e oliati, a quelli vestiti tecnicissimi e bardati come se dovessero affrontare il sahara, fino a “vecchietti” gagliardi, che, sono quasi sicuro, con passo lento ma costante, arriveranno a Faenza con più probabilità e prima di me…

E ci sei anche tu, né “professionals”, né tosto, ma che ci prova comunque.

Allenato non sei allenato, non ne hai avuto nemmeno il tempo, per non parlare della costanza necessaria, ma conti sulla testa, che ti porti avanti anche quando il corpo non ce la farà più, e cerchi di convincerti di questo.

Hai un conto in sospeso, con i 100 km del Passatore, dallo scorso anno, la prima volta che l’hai tentata, quando al 73esimo km, alle tre di mattina, dopo 12 ore di marcia e corsa, hai dovuto abbandonare in preda ad una pesante crisi ipoglicemica. E la cosa ti scoccia, non ti piace avere conti in sospeso.

Non è neanche importante il tempo che farai, ma solo il fatto che ce la farai.

Se ce la farai……

In questa corsa in particolare, ma in tutte le corse, non corri contro nessuno, corri contro te stesso, anzi corri per te stesso.

Le tre di pomeriggio…viene dato il via, ed il serpentone colorato dei corridori si muove….scattano i top runner, in cima al serpentone, quelli, e quello soprattutto, che rimarrà poi in testa alla gara dall’inizio alla fine, vincendola e completandola in meno di sette ore….ma quella è gente di un altro pianeta, gente che viene da Marte.

Si muovono poi tutti gli altri, i terrestri come te…..dapprima lentamente per l’affollamento, e poi finalmente, sciogliendo le gambe nella prima corsa, si muovono anche quelli di mezzo e dietro, i “peones” pazzi e coraggiosi che ci tentano comunque.

La partenza è il momento più esaltante, dopo quello dell’arrivo al traguardo, si intende.

Sfiliamo fra due ali di folla per le vie del centro di Firenze, applauditi ed incorraggiati…si è tutti “campioni”, in quel momento, anche solo per il fatto di essere lì, di esserci ed essere partiti, di averci tentato, anche se in effetti, e noi che stiamo sfilando correndo fra la folla lo sappiamo, lo si sarà, “campioni” solo se si arriverà fino in fondo.

Ed anche tu corri, fra loro, nelle orecchie, sparata dal lettore mp3, la “Haka” degli All Blacks, esaltante alla partenza, e poi “Start Me Up” dei Rolling Stones, come primi pezzi della colonna sonora che ti accompagnerà per molte ore.

Subito dopo usciti da Firenze si affronta la salita a Fiesole…a 30 gradi di temperatura…dopo i primi 6 o 7 km di corsa, la maggior parte si mette al passo, si sà che in una corsa di 100 km la cosa importante è risparmiare energie…ed è inutile sprecarle e bruciarle nei primi km, per di più in salita : il trucco principale è dosarsi, risparmiarsi, anche se all’inizio ti senti di poter correre molto di più, e la folla applaudente e le gambe ancora fresche invogliano a muoversi…ma dopo, più tardi, lo sai, non sarà più così, e se ti sprechi subito, per dopo non ne avrai più.

La corsa è all’inizio, ancora ci sono i grupponi di corridori, ed è una brigata colorata e scherzosa, che affronta la salita a Fiesole, parlandosi ed incoraggiandosi a vicenda. L’mp3 pompa ritmi “leggeri”, come “Sweet Home Chicago”, “Louie Louie”, “Kiss” di Prince, “Feeling Alright” di Joe Cocker, e così via…per non spingerti troppo in là già all’inizio, nonostante la voglia di correre.

Raggiunta Fiesole, e scavalcati in un’oretta i circa 500 metri di dislivello della prima collina, la strada scende, finalmente, fino a Borgo san Lorenzo, e qui si torna a correre, ancora freschi, approfittando della pendenza favorevole e dei tratti in piano.

La strada si snoda fra bei paesaggi di campagna toscana, si sosta ai ristori a bere per recuperare liquidi, ma il gruppone inizia già a sciogliersi e sfilarsi. Arrivi al check di Borgo San Lorenzo, che superi al ritmo di “Kids” di Robbie Williams ed i primi 30 Km sono andati, in poco meno di quattro ore : ma questa è stata solo la parte più bella e facile della corsa.

Si prosegue per Ronta, dove inizia la salita al passo di Colla di Casaglia.

Si alterna il passo alla corsetta, e il gruppo iniziale ormai non esiste più, già si è sfaldato in gruppetti, o in singoli, che incontri lungo la strada, ognuno al proprio passo, e che, quando hanno un passo simile al tuo diventano, per alcuni km almeno, i tuoi compagni di strada, a volte allegri a volte silenziosi e concentrati…da ora diventa praticamente una corsa veramente in solitaria. La strada è per lo più in dolce discesa o in piano, ed inizi a vedere in lontananza le colline dell’appennino….le guardi, a 10 km di distanza, e sai che dovrai superarle…eppure sembrano ancora così lontane, e ti chiedi quando inizierà quella maledetta salita…..but “It’s Only Rock and Roll” , baby…..and “I love Rock and Roll”, come ti ricorda Joan Jett.

Ronta….il paese di Ronta…a circa 35 km da Firenze…qui inizia la salita la passo della Colla, 900 e passa metri….e non c’è verso, con il tuo povero allenamento, di provarla a correre questa salita…ed allora ti metti di buzzo buono ed inizi a salire a passo di marcia, un tornante dopo l’altro per due ore e passa…ed intanto cala la sera, e senti la prima “crisi”, quella dovuta all’effetto combinato dell’imbrunire, del calo della serotonina, della stanchezza per i 40 km già percorsi. Passi anche il segnale dei 42,198 Km, la distanza ufficiale della maratona, la massima distanza che di solito hai mai percorso.. dopo di quella, come si dice, “hic sunt leones”, l’incognito, sono le tue personali colonne di ercole, non sai cosa può essere o succedere oltre…….ma almeno alla cima del colle devi arrivare.

E così tornante dopo tornante, sali, nel buio ormai, per ore che appaiano interminabili, e tornanti che si susseguono ingannatori : tutti appaiono come l’ultimo salvo scorgerne subito dopo un altro. La colonna sonora si fa un pò psichedelica con brani come “Sympathy For The Devil” e “Jumping Jack Flash” degli Stones, o “Aqualung” dei Jethro Tull.

E poi ecco apparire la fine della salita, finalmente, il check point del Colle di Casaglia, la cima della collina, ed allora lì raccogli le forze e corri, le ultime centinaia di metri, e superi di slancio il punto di rilevamento….ballando “Boogie Wonderland ” di Brittany Murphy da “Happy Feet”.

Le dieci di sera, sette ore e spiccioli per circa 50 km e sei in cima al quella maledetta, bellissima, collina, finalmente! Il primo, quello che ha vinto la corsa, è già sotto la doccia, e tu devi ancora fare 50 Km…

Errore….lo hai fatto la prima volta, quindi rilassati., non rifarlo.. l’errore di pensare che la parte più dura è passata, che hai fatto la salita, hai superato la cima del colle, sei a metà strada ed ora è tutto in discesa…..la falsa sicurezza che ti dà essere arrivato in cima la colle, la sensazione di avere ormai “fatto” la corsa, ti fotte, ed è proprio qui che devi controllarti, e dosarti, è da ora in poi che ti si richiederà il massimo sforzo fisico e la massima determinazione. Perché la parte più difficile saranno i prossimi 50 km, non i primi 50….e chi crede che correre in discesa sia più facile e riposante, si sbaglia di grosso….l’anno scorso non lo sapevi e ti sei fottuto “fondendo” al 73esimo, ma ora lo sai, e quindi, sei pronto, come dice Satriani, “Movin on”.

Un caffè ed una sigaretta, e si riparte. Adelande, hombre, ma con Judicio !

I primi 15 – 20 km dopo il Colla di Casaglia filano che è un piacere….bhe si fa per dire….sei carico e motivato, nelle orecchie gli assolo di chitarra elettrica dei “100 greatest guitars solos” di Jimi Hendrix, Stevie Ray Vaughn ed altri……tanto carico e motivato che devi appunto darti una regolata per non spingere troppo e non fondere il motore….ti senti forte perché hai superato la collina, e la discesa, qui molto pendente, favorisce lo slancio…ma la corsa in discesa distrugge i muscoli, tende e strappa i quadricipiti, mette sotto sforzo le ginocchia e le caviglie, e dopo un paio di ore te ne accorgi, inizi a sentire le gambe VERAMENTE doloranti, dalle cosce in giù, che in confronto la salita era nulla, e tutto il corpo inizia a farsi sentire, schiena, spalle ed anche, quando viene battuto passo dopo passo dai contraccolpi della corsa in discesa………”Hit The Road Jack”, ti dice Ray Charles nelle orecchie, e tu lo fai, colpisci la strada, un passo dopo l’altro.

Check point di Marradi, 65 Km, 10 ore e spiccioli di marcia e di corsa. Sosta per caffè e sigaretta, al punto di soccorso. Quando ti alzi per buttare il bicchierino dai un’occhiata dentro al locale : una ventina di brande, con altrettanti corridori stesi sopra, sotto le coperte marroni, tipiche del pronto intervento. Non sai se invidiarli o no, loro, finalmente fermi, stesi ed al caldo….di certo sai che se ti stendessi in branda, sotto una coperta, non ripartiresti più. Già adesso, nelle soste di più di dieci minuti, è difficile ripartire, e se solo ti siedi per un poco, rialzarsi richiede un bello sforzo ! L’unica cosa che ti fa riprendere a correre sono i brividi che ti assalgono se ti fermi troppo…l’unico modo per farli passare è appunto, muoversi , correre, fino a che non ti riscaldi, e “You Gotta Move” degli Aerosmith te lo ricorda.

Le tre di notte, e 12 ore che sei in movimento. Passi il 73 esimo km, quello dove l’anno scorso hai ceduto le armi, stremato dalla crisi ipoglicemica. Passi davanti al casotto del passaggio a livello, dove ti sei accasciato rabbrividendo, gli zuccheri nel sangue azzerati, ed hai chiamato Sergio per dirgli che ti eri fermato, che non ce ne era più, che stavi male e di venire a prenderti…ci arrivi di corsa, a quel punto, ma quando lo passi rallenti…ed alzi entrambe le mani, il pugno chiuso, le due dita medie dritte al cielo…fuck you, stavolta non mi fotti !

“I Get Knocked Down, but I get Up Again, U Never Going To Keep Me Down” degli Smash Mouth.

E poi riprendi a correre.

La crisi. L’hai provata, e la temi. E’ come se ti si spegnesse il motore, inizi a sentire un freddo intenso, brividi che ti scuotono dal profondo, un freddo che scotta quasi, ma un freddo che non viene da fuori, un freddo che viene da DENTRO te, e che le coperte o quello che metti addosso non placa. Gli zuccheri a zero, una debolezza da svenimento, e non c’è niente da fare, ti devi per forza fermare. Stavolta ti sei preparato meglio, ma non ne sei mai sicuro….ed il problema è che dopo 70 km, e severals gatorades, e qualche pane e marmellata, etc., non sei in grado di buttare giù più nulla, lo stomaco è in pappa, e l’unica cosa che ti salva la pelle sono le bustine di carboidrati in gel. Hanno un sapore schifoso, sembra di bere sciroppo per la tosse, ma sono probabilmente quelle che ti salvano dalla crisi…te ne spremi in gola una ogni 5-10 km, al diavolo l’acidità di stomaco, e solo così riesci a compensare le 7.000 – 8.000 calorie che questa notte ti sono richieste. Quelle buste di carboidrati, caffè e qualche sigaretta, e tiri

avanti…..vagando nella notte, al buio, sull’appennino tosco-emiliano, al suono di “Road Runner” degli Aerosmith, e del bellissimo assolo di chitarra di “Sweet Jane” dei Velvet Underground.

Ormai sei solo, il gruppo si è scomposto, e nella coda del gruppo, dove sei tu, si incontrano solo persone ogni tanto, che vagano, abbruttite dalla stanchezza, nella notte…ci si incrocia come fantasmi, senza neanche voglia di parlare, biascicando al massimo un incoraggiamento l’un l’altro, dettato dalla muta solidarietà di chi soffre assieme…sono ore magiche, strane…accompagnate solo dal brillio intermittente delle lucciole nel bosco…ore in cui pensi a tutto e a niente…ore ed un momento particolare in cui, come poche volte nella vita quotidiana, sei DAVVERO solo con te stesso.

I problemi di ogni giorno, il lavoro, lo stress…sono lontani. Sei in un altro mondo, concentrato su te stesso e su quello che stai facendo, come se quello che stai facendo fosse l’unica cosa al mondo da fare e da pensare. Ed in effetti in quel momento lo è.

“Dancing by Myself” di Billy Idol e “Born to Be Wild” di Steepwolfe ti accompagnano mentre vaghi nella notte magica e strana, la tua notte.

Un piede avanti l’altro, passo dopo l’altro, nella notte, solo questo, con una cadenza che pare non debba finire mai, anche se ogni passo è fatica, ed anche sofferenza….i muscoli che protestano, e dolgono ogni volta che alzi le gambe, eppure dopo un passo ne viene un altro, ed così avanzi, metro dopo metro, km dopo km…

C’è sofferenza in tutto ciò, ma anche piena consapevolezza di te stesso, e di tutto il tuo corpo, proprio tutto, ogni muscolo, organo, cartilagine e tendine. Ti viene da pensare come sia strano che sia nella sofferenza che si acquisti certi gradi di consapevolezza di se, e di coscienza di se stessi, molto più che, per esempio, nel piacere. Quando soffri sei cosciente, il dolore ti rende cosciente di cose che dai scontate, o a cui non badi di solito…un mal di denti, ad esempio, ti rende pienamente consapevole di quel dente, che è nella tua bocca da anni ,senza che mai tu ci abbia pensato o badato. Mentre nel piacere ti annulli e ti perdi, così come in certe filosofie orientali ti annulli per diventare parte di un tutto, o del cosmo. Sarà per questo che certe persone sono dedite al masochismo, portando all’estremo questo ragionamento, così come, per motivi analoghi ma opposti, i francesi chiamano l’orgasmo la “petit mort”, la piccola morte, ché invece nel momento del massimo piacere perdi coscienza di te stesso e ti annulli…comunque, al diavolo queste divagazioni notturne dettate dalla stanchezza e dalla solitudine….. che sia dolore o piacere, tu ci sei, sei lì, sei VIVO.

“Wanted, Dead or Alive”, come dice Bon Jovi.

Passano le ore interminabili, della notte….le quattro, le cinque, le sei del mattino…mentre corricchi o marci abbruttito dalla stanchezza…. e vedi albeggiare, di un’alba nuvolosa, che promette pioggia.

Dopo gli 80 km le gambe non ci sono proprio più. Sono solo una ammasso dolente di muscoli, ossa e tendini, che muovi una avanti all’altra solo con la forza di volontà. E non solo le gambe dolgono ormai…dal collo in giù sei tutto un dolore, le spalle persino dolgono e sono indolenzite, e le anche, ad ogni movimento, si lamentano. Hai una fiacca, la senti, sotto il piede sinistro, grande come una moneta da un euro. Ma è l’ultima delle tue preoccupazioni e dei tuoi mali…Forse potresti ancora correre, ma non ne vale la pena…la velocità che avresti sarebbe da “jogging” non da corsa, appena appena superiore a quella del passo di marcia che comunque tieni.

Ed in più avresti il rischio, con le gambe così conciate, di farti un ginocchio o un legamento…dio non voglia che ti faccia male negli ultimi 20 Km! Ormai non fai più soste ai ristori : ti spremi in bocca una bustina di carboidrati, e vai avanti : a questo punto, dopo 14 ore, la cosa importante è farla finita !

E’ la stanchezza vera, profonda, assoluta, quella che ora provi, amplificata dalle ore più difficili, quelle dall’albeggiare, e dagli 80 km alle spalle…but you have to “Walk This Way”, come DMC & Aerosmth ti ricordano, “Where the Streets Have No Name”.

E’ questo il momento in cui dici a te stesso ” la finisco, ne ho fatta una, e ok, mai , mai più!”…ma dentro te sai che dopo, quando i dolori saranno passati, la penserai diversamente, sarai persino una persona diversa da prima, per poco o tanto che sia…e , prima o poi, vorrai rifarla.

Ultimi 10 Km…piove, non forte ma piove, ma non te ne frega proprio nulla. Ti porti avanti, e non ti sembra vero di avere 90 Km dietro di te, e solo 10 davanti. Non corri, ma non cedi il passo, che rimane sostenuto. E uno dopo l’altro, anche gli ultimi maledetti 10 passano.

Ecco l’interminabile rettilineo che porta al centro di Faenza, quasi le sette di mattina, e 16 ore di corsa e di marcia. Ormai sei arrivato, allunghi il passo, ti senti diverso….percorri il rettilineo con “Wild Thing” di Joan Jett , e poi “Knock Knock On Heaven Doors” dei Gun’s and Roses che ti danno la carica, a passo lungo e disteso, quasi ballando, e sorridendo e salutando i pochi faentini mattinieri della domenica, che quando ti vedono passare ti applaudono ed incoraggiano come se fossi arrivato primo e non fra gli ultimi.

Ultimo km, e ti pare un sogno.

Attacca “Top Gun” di Joe Satriani un’apoteosi di chitarra elettrica, per gli ultimo 700- 500 metri…e fai quello che volevi fare : dopo 99 km, dopo più di 16 ore, ti metti a correre, scatti, al tuo massimo, per le ultime centinaia di metri, Joe Satriani sparato a palla nelle orecchie…

Non senti più male, la gambe si muovono sciolte, il passo si distende, e superi in volata due o tre concorrenti, ma non ti frega niente, non è per la classifica, siamo tutti “bravi”, è per te stesso che le stai correndo queste ultime centinaia di metri….

Il vigile alle transenne che chiudono la piazza dell’arrivo, a duecento metri ti vede arrivare e ti incoraggia ed applaude come se tu fossi il primo, e non fra gli ultimi…un vigile di servizio la domenica mattina alle sette, uno che dovrebbe averne le palle piene di essere li, per colpa tua per giunta, eppure ti applaude ed incoraggia ! che magnifiche persone, che magnifica corsa!

E finalmente vedi l’arrivo… ed il cuore ti batte all’impazzata…allunghi ancora il passo e corri corri corri….200 metri..100 metri…50 metri…la linea bianca ! Eccola la vedi, lì davanti a te !!

E la passi di corsa…..100 KM !

16 ore e 21 minuti…di certo non un tempo da campione, ne hai circa 800 arrivati prima di te e meno di duecento dopo di te, ma non te ne frega.

Conta solo che sei arrivato, che ce l’hai fatta, e, soprattutto, che è finita, finita, finita….ti ripeti come un mantra.

Appena dopo aver passato la finish line, ti fermi, ti pieghi, le mani sulle ginocchia, e solo riesci a pensare che ce l’hai fatta, e ci manca un niente che scoppi a piangere, per la stanchezza, o per l’emozione, o per tutte e due le cose assieme, tanto che non riesci neanche a parlare quando le ragazzine dell’organizzazione ti mettono la medaglia al collo, subito dopo l’arrivo.

Poi solo la stanchezza, quella vera ed assoluta, l’adrenalina che scende a zero, l’acido lattico che sale a mille, ed un freddo intenso che ti fa rabbrividire.

Non riesci neanche a cambiarti, e così, con gli stessi indumenti con cui hai corso le ultime sette-otto ore, svieni sul sedile posteriore dell’auto, una coperta gettata addosso, mentre Sergio e Susanna ti riportano a casa.

Quando ti risvegli, sull’autostrada nei pressi di Parma, tutto sembra già un pò lontano, un pò un sogno, se non ci fossero le gambe a ricordartelo : fai fatica persino a scendere dall’auto e a camminare, e ci vorranno due giorni prima che tornino ad essere quasi “normali”.

L’hai fatto, e quasi non ci credi. ma l’hai fatto, ed è una di quelle cose, che, come dicono nei film, “nessuno ti potrà mai togliere”.

In un qualche modo, magari anche impercettibile agli altri, nulla sarà più lo stesso di prima, neppure te stesso.

Ed alla fine, ad uno verrebbero da chiedersi….perché? perché fare una cosa così?

Si potrebbe rispondere perchè la corsa è’ un’attività atavica, scritta nei nostri geni, fin da quando i nostri progenitori vagavano nelle savane d’ Africa, e la capacità di correre faceva la differenza fra morire di fame e lo stomaco pieno, fra la vita e la morte. Una cosa semplice, eppure così essenziale, e sublime.

Oppure potresti rispondere quello che hai pensato lo scorso anno, dopo aver corso 73 Km del Passatore per la prima volta, quando, la domenica dopo la corsa, ti sei trovato in fila all’IKEA, con uno stupido contenitore di plastica colorato in mano…si certo quel week end eri più riposato di quello prima, passato sull’appennino, non avevi fatto una stronzata come tentare di correre 100 km…..ma ti sentivi forse meglio, e, soprattutto, più vivo, così, in coda all’IKEA, in un “regolare” sabato pomeriggio, di quando arrancavi sulla collina ?

Ma in realtà, se ti chiedesse : “Ma perché diavolo uno dovrebbe mai volere correre per 100 Km ? ”

Risponderesti : “Oh quello? Niente di speciale Darling.. solo perché se tu fossi a 100 km da me, dietro una collina, e non ci fosse altro mezzo per raggiungerti che le mie gambe e la mia volontà, e tu mi chiamassi…bhe, adesso lo sò per certo, potrei venire da te”

Alessandro Pisoni

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