Il Passatore è una fede
Ha raggiunto i 42 anni una delle gare più affascinanti che si conoscano: la 100 chilometri del Passatore, detta la corsa più bella del mondo, che tutti i podisti, italiani e non, almeno una volta nella vita, devono provare a portare a termine, come recita il volantino della manifestazione “IO C’ERO”. Per la terza volta mi accingo a correre questa “Olimpiade della follia”, come la battezzò Franco Chiavegatti, inviato del Corriere della Sera il 28 maggio 1978, ma questa corsa è una fede, o ci si crede o è meglio starsene a casa; è predominante su tutte, visto che è diventato ormai un appuntamento quasi d’obbligo, trailers compresi.
Siamo in quatto a partire da Latina, i “soliti noti”, io, Aldo, Enrico e Luciano; alla stazione ci viene a salutare il mitico Cristian, reduce dalla Nove Colli la settimana prima, ove è rientrato nella schiera degli eletti delle 30 ore, che, dall’alto della sua duecentesca esperienza, ci dà il suo viatico.
E finalmente eccoci a Firenze, ove ci accoglie uno splendido sole che si rivelerà poi fatale per gli atleti; ci sono tutti i compagni delle trascorse merende, vuoi sulla strada che fra i sentieri, gli arditi della Podistica Solidarietà, altri conosciuti su F B ai quali, finalmente, possiamo stringere la mano. Ed è solo l’inizio di questa meravigliosa avventura.
Si parte. Il contorno fa venire i brividi; ali di folla al nostro passaggio non esitano a scaldarsi le mani per applaudire, bambini che ci salutano porgendo il “cinque”. La strada inizia a salire e si sente tutta sulle gambe ancora fredde. Arriva Fiesole, città “di quello ingrato popolo maligno”, che ci saluta al passaggio, le emozioni sono forti, si aprono ai nostri occhi scorci panoramici sulla città di Firenze, che Chiara non può vedere ma sentire tramite il calore trasmessole dai sui compagni che l’accompagnano.
Si arriva all’agognato 35° kilometro di Borgo San Lorenzo, ove ritrovo Aldo e Gennaro. Il sole si abbassa e approfittiamo di un piatto di provvidenziali penne all’arrabbiata offertoci da un ristoro “abusivo”.
Ripreso a correre mentre ero solo con i miei pensieri, inaspettatamente mi sento chiamare: sono Maria e Fabrizio che vanno al Trail della Margherita, una gioia che mi sprona.
Ma non c’è troppo da distrarsi, la salita inizia, il Passo della Colla e lì e non perdona; non è difatti il punto di arrivo, come dicono molti: “Una volta scollinato è fatta, poi è discesa”. No! E’ lì che il Passatore ti mette alla prova, è lì che si concentra tutto: la notte, il freddo, i dolori, la solitudine dell’ultramaratoneta è lì che ti attende.
Ne ho affrontate tante e non mi scoraggio affatto, anche perchè gli incontri sono molti: le indefesse Paola e la veterana assoluta con la lettera maiuscola, Angela.
La stessa scena vissuta nelle scorse edizioni si ripete purtroppo; sin dagli ultimi tornanti file di macchine che bloccano il passaggio, ambulanze a sirene spiegate, pullman di traverso, atleti che urlano che mai più faranno una gara del genere, scagliandosi contro l’organizzazione.
Nonostante tutto, prendo la frontale, mi cambio la maglia e riparto nella confusione generale, ma mi accorgo che le gambe sono dure, il ritmo in discesa non è più quello di due anni fa; arrivo a Marradi e da quel momento inizia a far freddo nonostante le due maglie, ho nausea, dolori ai piedi e alle gambe, soffro maledicendo il giorno in cui mi sono iscritto ad una 100 su strada pensando che mai più la correrò, ma come sempre tornerò sui miei passi. I crampi allo stomaco mi costringono ad alternare il passo con la corsa e a non alimentarmi quasi più. Solo l’incontro con due compagni di numerose avventure, Davide ed Antonio, mi dà un pò di conforto e non penso più ai dolori avviandomi in loro compagnia.
La strada ditta e larga non aiuta di certo, ma è sufficiente alzare lo sguardo e osservare il cielo stellato, maestoso, limpido e terso per commuoversi e sentire tutta la nostra piccolezza. Nel buio, si sentiva il fiume scorrere sotto la strada, ma è il Lamone incrociato una trentina di chilometri più su, subito dopo avere scavallato il Passo della Colla, e poi ecco San Cassiano, Fognano, Brisighella con le loro case arroccate e chiese immerse nella quiete della notte.
Albeggia ormai, mancano circa dieci chilometri, forse una serie di ampie svolte in leggera salita non permettono di vedere Faenza, già festante per l’arrivo di numerosi atleti; dal quinto ogni chilometro è segnato e inizia la conta: meno 5, meno 4 ecc… Il viale d’ingresso alla città vede atleti che aumentano l’andatura, alcuni non ce la fanno e rallentano, ma ormai è fatta, si vede in lontananza il campanile della chiesa, le arcate della bellissima piazza, il primo gonfiabile, l’arco con il timing finale, la medaglia sofferta, è finitaaaa.
di Paolo Reali
Clicca qui per le foto (di Michele Rizzitelli)
Il Passatore è una fede pubblicato sul Club Super Marathon Italia