× Ritorna la 49^ edizione della 100km del Passatore - 25-26 maggio 2024
SAN CASSIANO - 100 KM del Passatore | Firenze - Faenza

San Cassiano (frazione del comune di Brisighella s.l.m. 204) – 76 km – Ristoro N° 17

Centro agricolo con popolazione molto attiva, che di recente è aumentata.  San Cassiano deve il suo nome ad un maestro d’Imola del IV° secolo, poi martirizzato.  Esisteva anche un ospedale per pellegrini e ammalati (1573). Nel 1776 fu costruita la chiesa attuale, sulla sinistra del fiume. Nel 1371 Villa S. Cassini aveva 36 focolari; nel 1762, 182 abitanti, nel 1976, 500 abitanti. San Cassiano è in comune di Brisighella, provincia di Ravenna e dista da Faenza 25 chilometri.

IL CASTELLO

L’abitato è dominato dai ruderi del castello omonimo che sorge in una piccola collina sovrastante “il passo delle Pendici”: il punto più stretto della valle del Lamone. Francesco Maria Saletti, storico di Brisighella (1596-1674) nel suo “Comentario di Val D’Amone” (Faenza – editrice Casanova 2002) riporta un detto che anticamente circolava fra la gente di Romagna:  “guardati di non passar / per le Pendici / se rimaner non vuoi / morto o prigione”.Questo, perché la stretta feritoia naturale  fra i monti appariva tanto terribile da rappresentare un serio pericolo di vita per chiunque. Tradizione orale, tramandata da generazioni ricordava uccisioni, terribili carneficine, lotte senza fine…. Non si ha esatta conoscenza delle origini del temuto castello di San  Cassiano.  Da documenti appare che nel 1292 questo fortilizio era di proprietà di Caterina, figlia d’Ugolino dei Fantolini. La storica famiglia dei Fantolini viene ricordata da Dante nella “Divina Commedia”. Il poeta fa riferimento ad un celebre personaggio di questo casato fiorentino, Ugolino de’ Fantolini (purgatorio  canto XIV°-vv.41-42) che sembra avesse proprietà terriere in Val D’Amone e precisamente nelle vicinanze della Torre dei Cavina, (nei pressi della località Zattaglia del Comune di Brisighella). Poi il fortilizio di s. Cassianopassò, per successione, al conte Alessandro di Romena, della famiglia dei conti Guidi di Modigliana. Nei primi anni del 1300 fu oggetto di conquista da parte di Maghinardo Pagani da Susinana che lo espugnò e lo distrusse, dopo cinque giorni di assedio seguito da terrificante carneficina. Nel 1321 Francesco Manfredi, celebre personaggio di questa famiglia, lo riedificò facendolo suo dominio. Da ricordare che, in epoca napoleonica, San Cassiano viene innalzato a Comune di terza classe; raccoglieva nel suo territorio varie località circostanti (s. Eufemia, Boresimo, Valpiana, Pistrino, casale, Cavina, Calamello in Gorgognano, Valdifusa, con una popolazione di 1350 abitanti) .

LA CHIESA

Un  atto dell’anno 1052 registra la prima  citazione di questa località: “San Cassiano Vallis Alamonis”. Un documento dell’anno 1073 testimonia che la chiesa parrocchiale esisteva nella riva destra del fiume Lamone, in località “Ca di Martino” fra i poderi di “Caminata” e “Sganghera”.  Non molto dopo questa lascia il posto, alla parrocchia di S. Cassiano in “Petrosa o Pidriolo”. Monsignor Ascanio Marchesini nella  visita apostolica del 1573 scrive che: la chiesa non aveva ancora il titolo di arcipretale, ne era rettore un certo Cassiano da Cavina, parroco da circa quaranta anni. Marchesini sottolinea ancora che essa aveva un unico altare con “belle icone”. Sappiamo inoltre dalla sua relazione che a San Cassiano esisteva anche un “Hospitale San Cassiani” o “Hospitale Santa Maria”, ma l’indicazione del luogo dove sorgesse è ignota. Dal censimento del Cardinale Anglico del 1371 risulta che la “Villa San Cassiani” contava trentasei famiglie (circa duecentottantasei abitanti). Ma già nell’anno 1432 il loro numero  era sensibilmente aumentato. Nel 1471 il castellano aveva lo stendardo bianco e azzurro con un bue d’oro rampante. Di rilevante importanza storica resta il ricordo di grande lotta avvenuta fra lanzichenecchi e valligiani. Infatti nel 1527, al passo delle Pendici, i lanzichenecchi, questi terribili soldati di origine spagnola, rotti e corrotti ad ogni sorta di compromesso, che scorazzano seminando ovunque dolori e morte, furono respinti e per recarsi a Roma, dove erano diretti, dovettero prendere la strada della valle del Ronco. Per secoli gli abitanti  di questa località, per evidenziare il loro coraggio, in caso di discordia, hanno ripetuto un detto “bada che non ci hanno fatto paura i lanzichenecchi …”, come per sottolineare la loro audacia e la loro forza, “quindi di tei non abbiamo paura, anzi …” . Il castello di San Cassiano non cadde col tempo in rovina totale, per anni rimase, coi suoi muri, un simbolo di forza e di grandezza. La famiglia Lega, legata da secoli a questo luogo, ancora nell’anno 1824 possedeva una parte dell’antico fortilizio.  Ora di questo non rimangono che gli avanzi  di un torrione,  per di più  (1940-1945) questi ruderi hanno subito danni irrimediabili per l’avanzare del secondo conflitto mondiale. Quindi, dell’antica gloria rimane poco o nulla.

Piero Malpezzi

Lorenzo Bandini nacque nel 1935, a Barce in Libia. Rientrato con la famiglia in Italia, trascorse la sua infanzia a San Cassiano, frazione del comune di Brisighella, paese natio del padre. Alla guida delle monoposto del team Ferrari, vinse parecchie gare come: la “24 ore di Le Mans” nel 1963, il G. R  d’Austria nel 1964, la ” 12 ore di Daytona” nel 1967, la “Millekm di Monza”

Dal 1962 al 1967 partecipò a 42 G.R di Formula 1. Il 7 maggio 1967, durante il G.R di Montecarlo, dopo un urto alla chicane del porto, la Ferrari n. 18 si incendiò con tragiche conseguenze.

Il Trofeo in memoria di Lorenzo Bandini è nato nel 1992 per opera dell’Associazione trofeo Lorenzo Bandini con sede a Brisighella: esso consiste in una ceramica degli artisti brisighellesi Bartoli e Cornacchia e viene assegnato ai migliori piloti emergenti della Formula 1 designati da apposito Comitato. La manifestazione si svolge con la collaborazione e il supporto della famiglia del defunto pilota, di associazioni locali, nazionali ed internazionali ed è molto quotata nell’ambito giornalistico e sportivo.

La grande scultura lignea di Giorgio Palli

Nel parco antistante la chiesa parrocchiale di san Cassiano, entro una bacheca di vetro, è collocata una grande scultura lignea dell’artista Giorgio Palli dal titolo: “Una ventata di ricordi per il futuro”. L’opera, ottenuta da una secolare radice d’ulivo, è dedicata ai Sancassianesi del passato, del presente e del futuro che sono simbolicamente rappresentati in alcuni personaggi, perché il passato non sia dimenticato, ma si trasmetta intatto alle future generazioni. Siamo di fronte ad una pagina di storia, forse minore, ma carica di significati religiosi e sociali che l’artista, seguendo le forme suggeritegli dalla Natura, è riuscito a far emergere ed armonizzare in una sinfonia di gesti.  Su tutti domina la Madonna delle Grazie,  patrona della Diocesi di Faenza-Modigliana,  con in una mano “il castellaccio” (emblema di San Cassiano) e nell’altra le frecce spezzate. Ai suoi piedi un intreccio di figure religiose e laiche, ben note in paese, ricordano avvenimenti profondamente radicati nella comunità di cui Palli si sente ancora parte, come il suo autoritratto in fondo alla scultura ci dimostra. In questa come in tutte le sue opere migliori,  Giorgio Palli ci dà un chiaro esempio della sua arte: saper rianimare e dare voce a vecchie radici che magicamente parlano con le forme più impensate e rimandano ad una forza misteriosa che le attraversa.

Commentando questa opera Palli spiega: “…dalla naturale cavità del legno ho visto e sentito l’immaginario soffio di un forte vento come fosse una forza, una linfa vitale, che fa impennare nell’aria l’aquilone di un bimbo proiettato verso il futuro (1), mentre alimenta il fuoco sotto l’occhio vigile dell’amico Piero (2). Questa forza naturale fa ondeggiare e scompone l’ampia veste di don Nello (3); sibila tra il groviglio del filo elettrico raccolto sulle braccia di Guerrino (4); espande nell’aere l’enfasi oratoria di Loris (5) tonificata dal microfono; accarezza le ispirate parole di Pino (6); piega, come in atto di venerazione verso i defunti, i cipressi del viale; accarezza la facciata della chiesa parrocchiale e accompagna l’anima di don Vincenzo (7) verso la Madonna delle Grazie (8)”.

In basso a destra lo scultore  si è raffigurato, auspicando di essere per il futuro un tutt’uno con l’opera a cui si è dedicato per un anno intero.

Note:

(1)  il bimbo con l’aquilone rappresenta i nuovi nati e tutte le persone che abiteranno a San Cassiano (foto 1).

(2)  (4)  e (5): i tre Presidenti della Polisportiva che hanno esercitato nell’arco di un trentennio: Piero Ponti (foto 2) intento a vigila sul paiolo nella tradizionale “Sagra della polenta”; l’infaticabile Guerrino Palli (foto 4) alle prese con gli impianti elettrici; Loris Naldoni (foto 5) al microfono;.

(3)  (7)  don Nello Castellari (foto 3) e don Vincenzo Cimatti (foto n. 7) che in un arco di sessant’anni sono stati parroci del paese.

(6) Pino Bartoli (foto 6), poeta e scrittore di fama mentre declama la sua dedica all’opera che recita così: “La tua mano Maria delle Grazie come grande Cielo scende su questo grappolo di case unite come dita in orazione”.

(8) la Madonna delle Grazie (foto 8) ha le frecce spezzate nella mano destra. I due sacerdoti, intermediari fra Lei e il Paese, trattengono le altre frecce.

Foto 1  Foto 2 Foto 3
Foto 4 Foto 5 Foto 6

GIORGIO PALLI Nato a S. Cassiano di Brisighella il 28.04.1941 ha insegnato per oltre 30 anni l’arte della ceramica, dopo essersi artisticamente formato all’Istituto Gaetano Ballardini, alla Tommaso Minardi di Faenza e nei laboratori di noti artisti faentini. Dal 1990 dedica buona parte del suo tempo libero alla lavorazione del legno, scegliendo e scolpendo ciò che il caso gli fa trovare: tronchi e rami di alberi divelti dalle acque oppure pezzi offerti generosamente da amici, quindi ciò che offre la natura e che spontaneamente ha abbozzato. La bellezza del materiale e il fascino delle stupende venature del legno lo hanno convinto a preferire questo materiale naturale e ormai senza vita alla creta che è sicuramente più malleabile, ma meno attraente per lo scultore. E’ la meravigliosa sensazione di ridare vita ed armonia al legno ormai morto che gli trasmette la passione e la creatività necessaria e che lo aiuta nella sua fatica. Ha partecipato a numerose esposizioni, riscuotendo sempre ampi consensi di pubblico e di critica. Vive ed opera a Faenza in via Ceonia 7.

Enrico Argnani

Foto 7 Foto 8

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