100 KM DEL PASSATORE 26-27 Maggio 2018: IL VIAGGIO.. di Matteo Guiducci
100 KM DEL PASSATORE
26-27 Maggio 2018
IL VIAGGIO
Capitolo I
IL PRE-GARA
Quando una cosa ti chiama bisogna ascoltarla. Troppi i segnali arrivati da ogni dove che mi avevano attraversato corpo e anima. Erano mesi che avevo questo tarlo nella testa e oramai a forza di scavare nella mia materia grigia l’aveva quasi finita. Ecco spiegata la mia iscrizione al Passatore: in effetti un pó di sana incoscienza per questo tipo di imprese ci vuole. Mi iscrivo al Passatore senza averlo minimamente preparato, senza lunghissimi da 50 km e oltre, con all’attivo solo 4 Maratone in meno di 2 mesi. È un vero e proprio salto nel buio. Ma sentivo che….”è quest’anno, quest’anno è quello giusto”, e così dopo aver aspettato tutto e di più decido di salire su quel trenino che da Rimini mi porta a Faenza, e Firenze poi, facendo al contrario la strada che dovrò fare da lì a poco. Sul treno Faenza-Firenze ci sono solo centisti. Un agglomerato di corridori proveniente da ogni dove che urla, ride, stempera la tensione con battute, insomma una baracca totale. Io mi siedo vicino ad un gruppo di Saronno. Quello davanti a me è messo come me, è al battesimo, e secondo me è il sosia del Passatore, barba lunga, viso allungato con un mento molto pronunciato, davvero gli manca il cappello, il mantello e il fucile. Un occhio chiaro gli illumina il viso. Quello al mio fianco invece è l’esperto e snocciola una serie di consigli. Io li prendo tutti. Arrivati, pranziamo e ci cambiamo in Piazza Santa Maria Novella, diventata per l’occasione lo spogliatoio a cielo aperto più grande che abbia mai visto. È mezzogiorno, ci sono 30º, è un caldo infernale. Io sapientemente mi spalmo mezzo barattolo di crema solare: correre con le scottature e per così a lungo sarebbe deleterio, e in una gara così lunga bisogna prevedere tutto. Almeno provarci. Siccome dovrò correre per moltissimo tempo, passando per un passo dell’Appennino, non so cosa mi potrà capitare, e soprattutto quando potrà capitarmi, dunque decido di partire con lo zainetto. La mia scelta si rivelerà azzeccata. Sono seduto per terra in via dei Calzaiuoli, l’incertezza mi sta schiacciando, ho persino un leggero mal di testa. Solitamente non avverto la tensione pre-gara ma stavolta la sento tutta. Ci può stare, 100 km hanno la coda lunga. Prima della partenza in Piazza del Duomo incrocioAndyun mio amico di Bellaria. Io e Andy ci siamo sentiti spesso in questi mesi, lui mi ha raccontato delle sue nuove esperienze, mi ha reso partecipe di ogni novità capitatagli, insomma si è creata una bella sinergia. Memore della sua edizione dell’anno scorso e del mazzo che si è fatto in questi mesi, lo guardo dritto negli occhi, gli dò il 5 e gli dico: “Esiste solo Faenza!”. Queste semplici tre parole, questa frase, decido che sarà la MIA frase. “Esiste solo Faenza!”.
Capitolo II
L’INCONTRO
Io il Passatore lo voglio fare da solo, senza assistenza, voglio conoscere gente e al massimo affiancarmi a loro per condividere gioie e dolori, esperienze e sensazioni. Mi sono iscritto con questo spirito e lo voglio affrontare così. Non mi importa di quanto tempo impiegherò, fossero anche 20 ore, la cosa per me importante è arrivare in fondo avendolo vissuto. Ascoltando i mille dialetti della nostra lingua, godendo della natura che ci circonda, ammirando le costruzioni medievali dei centri storici, trasudando storia passione e fatica da rigettare sull’asfalto della via Faentina, passo dopo passo. Anche per questi motivi lascio il Garmin a casa. Mi metto giusto un semplice orologio/cronometro (quello che usavo quando arbitravo) per non rimanere “nudo”, per vedere che ora è ogni tanto, senza bisogno di avere il passo al km, l’altitudine, i battiti, e tutto quello che un Garmin può offrire. Ecco perché dopo appena 3 km attuo quello che avevo pensato sin dall’inizio: lascio andare i miei amici. Al 5º km la strada già sale, con una pendenza proibitiva. Qui incontro un podista toscano, un personaggio vero e proprio, che cammina con un bandierone da stadio appoggiato sulla spalla, in equilibrio, senza tenere il manico in mano. Al centro della bandiera ha il giglio fiorentino e attorno ha gli anni delle edizioni che ha corso. “Ma le ha fatte tutte?”, “No, mi manca la prima.”, “Nooo, peccato. Ma perché?” Si gira e fa: “Perché non c’era Facebook!😉….. No, è che la prima edizione non è stata molto pubblicizzata!”. Dopo pochissimo incontro una ragazza con la maglietta del Passo Capponi -la nota squadra bolognese- che cammina all’indietro. “Perché cammini all’indietro?”, “Perché usi altri muscoli, magari fai più fatica ma preservi quelli che userai di solito.” Detto fatto. Comincio anch’io ad adottare il “passo del gambero”. O forse il “Passo Capponi”😉L’andatura si abbassa ma porta sollievo alle gambe. La salita di Fiesole è dura, come pendenza la più dura di tutte. Su una strada secondaria leggo un cartello con 16%, quella che sto facendo io dev’essere poco meno. Un bello strappo iniziale giusto per testare le gambe in vista del Passo della Colla da affrontare successivamente. Sulla strada che porta a Fiesole si trovano mille fontanelle che sgorgano acqua fresca. Io me le faccio tutte. Bevo, bevo e ancora bevo, poco e spesso. Non voglio correre il rischio di disidratarmi: sarebbe la fine. E mangio. Mangio pane e marmellata, pane e nutella, mele, banane, uva passa, piada e mortadella. Insomma come diciamo noi dalle nostre parti, “sbaghìno”, cioè mangio come un maiale. Per due motivi: 1- metto carburante per rifornire costantemente il motore, 2- so che probabilmente prima o poi lo stomaco si chiuderà rifiutando anche della semplice acqua, e in questo modo cerco di evitare questa ipotesi abituandolo a lavorare, poco ma sempre. Dopo Fiesole la strada scende, ed io comincio a superare decine e decine di corridori. Non lascio andare le gambe, siamo al 25ºkm -un quarto di gara- è troppo presto, scendo forte ma controllo il movimento per salvaguardare i muscoli. Passo per Borgo San Lorenzo indenne.
Come spesso accade nella vita, puoi incontrare una persona che riesce ad indirizzarti nel modo giusto. In un momento di riposo mi si affianca una donna che cammina molto velocemente, aiutandosi coi “bacchetti”. Si chiamaMariella Dileo. Mariella mi racconta che è al suo 5º Passatore e che alla fine riceverà un premio speciale: il piatto “io c’ero”, che danno solo a chi ha fatto 5 volte -o multipli di 5- il Passatore. È col suo gruppo di Barletta, mi presenta le sue amiche, e mi comincia a parlare e mi dice esattamente quello che mi immaginavo di scoprire: “Vedi Matté, questa è non una gara, questo è un viaggio, ha un percorso particolare, può essere bastardo ma esige rispetto!”. Ricevo una telefonata. Beh sì, stavolta il cell me lo sono portato dietro…a casa avevo pensato quello che mi ha appena detto Mariella, che è un viaggio piuttosto che una gara; d’altronde quando fate un viaggio il telefono lo portate con voi, no? Rispondo. È Brugno, un compagno dell’Indovina Chi, il nostro gruppo storico degli arbitri. Lui il Passatore lo ha già fatto e mi chiede come va e dove sono. “Sono ai piedi della Colla, devo fare 16 km di salita.” il suo consiglio è: “Vai piano, camminala tutta, non avere fretta.” E così faccio. Ma Mariella procede ad un passo spedito per essere una camminata “Vai veloce” le dico, e lei saggiamente risponde “Matté, fidati va bene così, se andassimo più piano faremmo molta più fatica per riprendere la corsa. E così cominciamo ad alternare passo e corsa.
Capitolo III
LA SALITA
Arrivati al 39º km, siamo verso l’ora di cena e l’aria è già diversa. Devo cambiarmi. Sapevo dentro di me che avrei sbagliato se avessi fatto portare lo zaino del cambio su al Passo della Colla. Ecco la scelta giusta descritta inizialmente di portare lo zainetto sempre con me. Da esso sfilo una maglia tecnica a maniche lunghe che sostituisce la canotta indossata finora. Più asciutto e coperto ora sono pronto per affrontare gli ultimi 9 km del Passo della Colla: i più duri. Qui ora si cammina e basta. Man mano che si va avanti ammiriamo tutte le fasi dell’imbrunire, dai colori del tramonto avvolgere la vallata fino al buio piombare sulla montagna. La luna quasi piena prende il posto del cielo colorato, e aiutato da una stella vicina, illumina la strada facendo breccia tra i rami degli alberi. Si creano sull’asfalto delle ombre stupende, il percorso è un quadro, un dipinto d’autore. Tutti i corridori hanno torce e fasce che emanano luci, fisse e ad intermittenza, le vedi dipanarsi sul percorso. Devo dire che un pó ero timoroso su come affrontare la notte, non avendo mai corso in notturna, ma ogni dubbio è stato spazzato via da queste mille luci colorate e da questo chiaro di luna eccezionale. La fatica della Colla in parte viene mitigata da questa visione. A metà salita Mariella va in crisi idrica, deve bere. Ci fermiamo in una casa ad un tornante e chiede alla padrona di casa un bicchiere d’acqua. L’ospitalità della anziana signora non ci fa attendere: ecco subito pronto un bicchier d’acqua per Mariella. Anche questo è il Passatore. In quel momento il silenzio viene squarciato dallo stridore della sirena di un’ambulanza che velocemente si reca verso il malato. Non so quante volte abbia sentito quella sirena. Durante il percorso ho visto moltissime ambulanze sfrecciare, squadre mobili curare corridori seduti ai bordi della carreggiata, altri vicino alle siepi a gambe leggermente divaricate con le mani appoggiate sulle ginocchia vomitare l’impossibile. Il Passatore è anche una gara ad eliminazione. È durissima. In quel momento penso di essere fortunato a non essere incappato in un imbarazzo di stomaco o in una crisi, ripeto tra me e me la mia frase “Esiste solo Faenza” e ripartiamo verso la vetta. Comincio ad avvertire due dolorini: uno sul retro del ginocchio sinistro e l’altro tra la caviglia e lo stinco della gamba sinistra. Ma la salita mi infuoca, mancano pochissimi km per raggiungere il Gran Premio della Montagna. Ora non mi ferma nessuno. Mi viene da piangere dalla felicità. Quando vedo il cartello Passo della Colla 913 s.l.m mi fermo e chiedo ad una ragazza dell’organizzazione di farmi due foto ma non mi sembra molto avvezza col cellulare e perdo svariati minuti. Dopo pochi metri passo il rilevamento cronometrico e mi fermo per riposare.
Capitolo IV
LA VETTA
La Colla è un enorme ospedale da campo, con tendoni per i massaggi, tendoni per la “mensa” e tendoni per l’attrezzatura. Io mi cambio il costume a slip e indosso il k-way. Tra un pó si scende e so che mi servirà. Scatto due foto, mangio un poco, bevo, mi siedo per terra. Ci sta rifiatare, far riposare il fisico e la mente. Sono al 48º km, quasi a metà, mi sembra giusto riordinare un pó le idee prima di ributtarsi nella mischia. Tra la folla sento “Matté, ci sei?” È Mariella. Dopo più di mezz’ora di pausa riprendo a correre.
Capitolo V
LA TELEFONATA
Finalmente inizia la discesa. Ed ora giù in picchiat…..ma sá dìt? No no, si scende sì, si va più veloci, ma siamo solamente a metà, vale il discorso di 25km fa: si scende preservando i muscoli. La discesa aiuta nel limare le traiettorie, scendendo taglio le curve al massimo per cercare di fare meno strada possibile. Incontriamo gli altri ragazzi del gruppo di Mariella, lei fa gli onori di casa e me li presenta tutti e mi fa: “Matté, come stai?” “Ho dolore, quei dolorini sulla Colla ora si sentono tutti, mi sa che me li porto fino a Faenza”, e lei interrompendomi con un salomonico “Eh già” mi fa capire che dovrò conviverci, “Se ci arrivo a Faenza” rispondo col sorriso, ma sempre lei mi dice: “Matté, ora si va fino alla fine, non ci si ritira più, se volevi ritirarti lo facevi prima”.
Dentro di me ripeto la mia frase: “Esiste solo Faenza”.
Ricevo un’altra telefonata: casa! Questa telefonata arriva nel momento ideale, in discesa dove seppur con fatica si riesce a parlare meglio, dopo la vetta e soprattutto prima del pezzo più lungo, quello fino all’arrivo dove è la testa a fare da padrona a tutto il resto. Questa telefonata mi spezza il fiato, perché mi fa ridere, mi distoglie dalla fatica, mi rassicura, mi invoglia ancor di più, sempre col suo genere, scherzoso, che prende in giro, che rende tutto più leggero. Anche questa impresa.
Capitolo VI
IL PASSATORE INIZIA QUI
Km 65, Marradi. A detta di molti, come quando si dice che la Maratona inizia al 35º km, qui inizia il Passatore. È da qui che si comincia a vedere chi ne ha, dopo due asperità incredibili, e due discese bastarde. Insomma, è da qui che conta più che mai la testa.
“Esiste solo Faenza”
La strada costeggia il fiume, si sentono i rospi gracidare, è come se facessero il tifo per noi.
Al ristoro di Marradi una ragazza ci fa: “Venite a trovarci anche quando non correte il Passatore. Marradi è proprio bella, ve lo dice una non marradese”. In effetti per quel poco che ho visto, il centro storico è proprio bello. Prendo il cellulare e aggiorno i miei amici su diversi gruppi whatsapp….dove sono, come sto, tramite foto e vocali. Faccio una considerazione. Io non ho mai corso così tanto, mi sono sempre fermato a 42,195 km…..per cui ogni passo in più è un record. E questo per me è un gran bel incentivo a proseguire imperterrito fino alla fine.
Capitolo VII
LA FATICA
Sono al 70º km e onestamente comincio ad accusare un pó di fatica. Beh ci sta: 70 km, che cavolo. Però non sono in crisi per niente: ne di stomaco, continuo a mangiare e bere, poco ma costantemente; ne di fisico, i dolorini della salita della Colla ora sono dolori ma sono sopportabili; ne tantomeno di testa, quella oggi è d’acciaio, nulla la può scalfire, “Esiste solo Faenza”.
Più il mio corpo si indebolisce più la mia determinazione si rafforza.
Mi rendo conto di una cosa: sono stanco ma sono arrivato ad un punto tale che vado in autonomia. Voglio dire, la stanchezza c’è ed è innegabile ma sembra arrivata ad una soglia massima oltre la quale non possa più andare, e allora il fatto di alternare corsa a camminata mi aiuta nella mia fase. C’è ancora carburante nel motore.
Sebbene l’altimetria la dia in leggera discesa, dai 70 agli 80 km la strada è quasi sempre in leggerissima salita, forse è il tratto più difficile dell’intero percorso. Ad un ristoro perdo Mariella e i suoi amici e riparto di gran carriera per raggiungerli, non sapendo però se sono dietro o davanti a me. Incontro un ragazzo fermo in bici e gli chiedo: “Per piacere mi cerchi più indietro una signora bionda con la coda?” [io intanto la cerco più avanti, ho pensato]. “Quanto è alta?” mi chiede, “Così!” dico io mettendo una mano ad un’altezza imprecisata. Sto correndo, è buio, e ti interessa l’altezza?? Al ciclista non gliene è fregato nulla, visto che è rimasto immobile. “Pazienza, peccato”.
Capitolo VIII
IL SOSTEGNO
Lungo questo tratto dove rimango da solo, l’umidità si fa sempre più intensa, esce il fumo dalla bocca quando si respira, e la strada è in mezzo ad una vallata. Scorgo le lucciole nel fosso, sembra che mi vogliano indirizzare. In fondo vedo due colline e giunti a questo punto le vedo trasformarsi in due enormi tette dove gettarsi a corpo libero. Una leggera deviazione mentale, dovuta alla stanchezza. Prima incontro un signore che mi fa’: “Questo non è correre, giunti a sto punto non ci si diverte più”, io gli domando “È la prima volta?” pensando che questa esternazione non possa uscire dalla bocca di un veterano, “No è la decima”, “Beh allora?!?” dico io, e lui: “Beh si, sai com’è, no perchè, e allora, bla bla”. Ecco spiegata con una semplice non-giustificazione la sindrome del podista, che non ti fa smettere manco quando vuoi. Poco dopo incontro un ragazzo, mi manifesta il suo disagio dicendomi che ha sonno. È partito da casa ieri mattina presto come ho fatto io, con una piccola differenza: è di Genova. È arrivato col suo collega di reparto, siccome fa l’autista e quando non c’è uno deve essere presente l’altro sul posto di lavoro, e visto che entrambi vogliono correre il Passatore tutti gli anni (o quasi), ecco che per forza devono spararsi una levataccia incredibile per correre questa gara. Praticamente tutto in giornata. Io comincio a parlare. Dopo un pó mi ringrazia. “Lo sai che le chiacchiere mi hanno aiutato?! Mi hanno fatto passare il sonno.” Sono felice di aver aiutato anch’io qualcuno.
Capitolo IX
IL PIT-STOP
Prima del 75º mi ricongiungo con Mariella e i suoi amici. Erano dietro di me. Al ristoro del 75º vado in bagno, posto all’interno di una casa, ma per arrivarci attraverso una stanza enorme adibita a dormitorio. Questa gara è così lunga che qualcuno ne approfitta persino per dormire. Una visione che mi ha lasciato di stucco. Il Passatore è anche questo. Prima di ripartire faccio con Mariella: “Io vado a farmi fare un massaggio, siamo a 3/4 di gara, non voglio rischiare.”
Uscito dallo spogliatoio Mariella non c’è più, ma c’è il suo amicoNicola Laportaconosciuto giù per la discesa della Colla. Riparto con lui.
Capitolo X
L’ALBA
Sta spuntando il sole sul cielo di Brisighella. Al ristoro rincontriamo Mariella fermatasi ad aspettarci. Aggiorno con un messaggio vocale i miei amici: “i sém burdel”, ci siamo ragazzi. Lo dico con la voce rotta dal pianto, sono commosso, ma mi rendo conto che da lì a poco taglierò il traguardo. Mancano 12 km, la strada non aiuta per niente, è completamente dritta, non c’è una curva, non si vede la fine. Io corricchio e cammino ma sono arrivato al punto che mi sento meglio a corricchiare, ho un movimento più naturale. Appena smetto per camminare il mio movimento è impastato, trascino i piedi, li sfrego per terra. Giunti alla rotonda con la statua del Passatore mancano poco meno di 3 km. Cammino. Nicola mi fa: “Se vuoi vai”. Per quasi un km lo accompagno, ma camminando mi sento male e riprendo a corricchiare. Siamo alla fine, mi sale la smania di arrivare, il mio passo diventa più rotondo, la mia corsa aumenta, gli ultimi 2 km quasi li tiro. Quando entro nel centro mi metto a piangere, mentre vedo l’arco finale realizzo che ho corso per 100km, da regione a regione, svalicando un Passo. Realizzo che ho compiuto un’impresa. Taglio il traguardo a braccia alzate. All’arrivo c’è mio babboMarco Guiducci, è venuto qui per aspettare il mio arrivo ed immortalarlo.
Poco dopo tra sguardi compiaciuti e occhi lacrimanti ecco Mariella e Nicola. Li abbraccio e li ringrazio. Il merito è anche loro. Sono stati compagni di viaggio stupendi.
Ad inizio corsa, il giorno prima, non sapevo come sarebbe finita, ma soprattutto non potevo nemmeno immaginare come sarebbe stato questo viaggio, pieno di gente, carico di emozioni, denso di sentimenti. È stata un’esperienza fantastica! 100 km di passione. A tutti quelli che hanno condiviso con me questo viaggio, vicini e lontani, posso dire una cosa sola:
volte GRAZIE
“Esiste solo Faenza”