Non so esattamente come cominciare a raccontare di una corsa podistica di cento chilometri che da Firenze arriva a Faenza in piena notte passando dal passo della Colla. Non sapendo appunto come partire col racconto inizio con una domanda: avete mai provato a farvi scoppiare un gel energetico nelle chiappe? Io si!
Ricordatevi: mai provare a sdraiarvi supini per cercare di rilassarvi prima di una gara avendo riposto il gel nelle tasche posteriori dei pantaloncini. Mai farlo, fidatevi!
Il contenitore del gel potrebbe aprirsi e il peso del corpo potrebbe far uscire tutto il suo denso e appiccicoso contenuto lasciandovi così una sensazione indescrivibile e indimenticabile… Iniziare una gara così lunga in una giornata afosa col culo incollato (perché è colla! non è gel! lo si può usare per riparare vasi rotti!) è una cosa che consiglio a tutti di provare.
La partenza è da piazza della Signoria a Firenze e fa caldo, troppo per quelli che come me lo patiscono particolarmente. Il via è tranquillo, si passa per il centro in direzione di Fiesole dove comincia la prima delle due salite previste nel percorso. E’ uno strappo corribile di circa tredici chilometri con un paio di tornanti e un dislivello di 450 metri. Il panorama è molto bello, si sale lentamente vedendo Firenze dall’alto, ma la strada è in pieno sole che alle alle quattro-cinque del pomeriggio si fa sentire. Le poche zone d’ombra vengono prese d’assalto, così come le docce o i rifornimenti improvvisati gentilmente offerti dagli abitanti dei paesi che attraversiamo. Si percepisce chiaramente con che calore e passione loro vivono questa gara storica.
Strada facendo ritrovo Lucio Bordin che avevo perso alla partenza e poco più avanti Gigi e Sara Garavaglia; facciamo la prima metà di gara insieme anche se in salita hanno un passo più leggero del mio e devo forzami per stare con loro. Non sono particolarmente forte in salita, in proporzione rendo molto più in discesa, o quantomeno su discese asfaltate e ampie dove allargando la falcata faccio poca fatica a tenere velocità elevate. Consapevole di questo e dell’insofferenza al caldo, cerco di spendere il meno possibile nella prima metà gara, con l’idea di recuperare più avanti tra la lunga discesa e la frescura serale.
Intanto la salita finisce, comincia la discesa dove provo a testare questa teoria scendendo bene e recuperando posizioni. Verso il ventiduesimo chilometro la discesa diventa un falso piano che ci porta a Borgo san Lorenzo dove c’è il primo riscontro cronometrico:
Borgo San Lorenzo – Tempo 3:13:14 | Dist. 31.5 km – Media 6’08” min/km | Pos. 478°
C’è un grande ristoro e dopo trentuno chilometri, tanto caldo, una salita fatta e una più dura che ci aspetta, direi che ci si può anche fermare un istante. Lo strappo successivo è quello della Colla, lungo circa diciotto chilometri con un dislivello di 700mt ci porterà a novecento metri di quota nel suo punto più alto. Parte ripida per le prime centinaia di metri, tanto per far capire che non scherza affatto, ma dopo questa prima fase si addolcisce lasciandomi prendere un passo lento ma costante. Passo qualche paesetto, poi la salita torna a essere più ripida mentre ci si infila in una valle dove finalmente domina l’ombra. So che la parte finale della Colla è la peggiore, ho già messo in conto che camminerò alcuni tratti, devo solo scegliere quali. Lucio è ancora con me e insieme ci diamo dei piccoli traguardi: prima decidiamo di arrivare al quarantesimo chilometro, poi lo spostiamo a quarantadue, poi quarantadue con “obbiettivo”:
Cla: "Allora quarantaduesimo?"Lucio: "Si, ma ma dobbiamo arrivare sotto il tempo che ha Mirko in maratona!"Cla: "Ah, ok, e che tempo ha Mirko?"Lucio: "bho, non lo so"Cla: "... mmm ..."
Alcuni tratti sono effettivamente ripidi e alla fine in uno dei più impegnativi decidiamo di camminare recuperando energie. Lucio poi riparte, ha un bel passo in salita e lo sfrutta, io invece proseguo camminando. All’ombra le temperature cominciano a calare, sento anche qualche leggera folata di vento, così mentre cammino mi studio mentalmente cosa indossare al cambio abiti che è stato allestito in cima alla Colla. Alterno camminata e corsa per circa tre chilometri e arrivo in cima rinvigorito.
Il passo della Colla è uno spettacolo: persone che incitano e incoraggiano tutti, concorrenti sparsi tra cambio abiti e ristoro, personale dell’organizzazione al lavoro, servizi medici, massaggi, insomma è pieno di gente e rumore. Entro in tenda, mi cambio al volo (maglia termica e lampada frontale) e passo il secondo riscontro chilometrico:
Colla di Casaglia – Tempo 5:44:02 | Dist. 48 km – Media 7’10” min/km | Pos. 567°
Notare che siamo al quarantottesimo chilometro, ne mancano ancora due a metà gara. Due chilometri sembrano nulla, ma è facile in quel momento lasciarsi prendere da pensieri del genere “dopo tutta sta fatica, non sono neanche a metà!”. Io invece col fresco mi sento rinato, accendo le luci della lampada frontale e mi butto come un pazzo sulla quanto mai sospirata discesa.
Recupero da subito tantissime posizioni, gambe e testa stanno bene, sono euforico. A Crespino trovo Gianni Canajon Ticozzelli, e le Tapagirls, saluto tutti al volo ma non mi fermo, devo sfruttare il momento positivo. Continuo a scendere velocemente, taglio i tornanti per prendere la parte più ripida della curva e accelerare ancora di più. Le gambe continuano a girare bene, non ho dolori e in questi tratti sto spesso sotto il 5′ al km, il terzo crono arriva così:
Marradi – Tempo 7:17:01 | Dist. 65 km – Media 6’43” min/km | Pos. 384°
La discesa col passare dei chilometri è sempre meno ripida e di conseguenza anche la mia velocità cala. Riprendo un passo più tranquillo ma inizio a sentire la fatica lentamente salire pronta a saltarmi addosso. Ho bisogno di un ristoro.
I ristori dall’inizio sono stati posizionati ogni cinque chilometri e fino a quel momento li ho sfruttati tutti prendendo acqua o sali ma senza fermarmi mai completamente; ora la situazione è diversa. Continuo a correre tutto sommato bene visto che ancora guadagno posizioni, ma devo forzarmi a tenere quest’ andatura dandomi come obbiettivo il settantacinquesimo chilometro che coincide col quarto riscontro cronometrico:
San Cassiano – Tempo 8:27:26 | Dist. 76 km – Media 6’40” min/km | Pos. 336°
Qui prendo da bere e riparto camminando per oltre cinquecento metri. I chilometri corsi si fanno sentire e lo sbalzo termico pure visto che ora fa addirittura un po’ freddino. E’ dalle tre del pomeriggio che sto correndo, ora, nel buio di una statale dritta che sembra non finire mai, con la sola luce della lampada frontale che illumina il nulla, capisco quanto sia dura questa gara. Fisicamente e mentalmente.
Riparto lentamente ragionando cinque chilometri alla volta, da ristoro a ristoro perché pensare che mi mancano ancora venticinque chilometri è inconcepibile. Ogni volta che arrivo a quello successivo, prendo da bere, cammino, e lentamente riparto pensando già al prossimo. Così facendo, arrivo al quinto check:
Brisighella – Tempo 10:08:11 | Dist. 88 km – Media 6’54” min/km | Pos. 375°
Non ne posso veramente più di correre, il gesto stesso della corsa mi va in odio. Nel tratto tra il novantesimo e il novantacinquesimo devo fermarmi e accovacciarmi per stirare schiena e gambe. Durante la preparazione non ero mai andato oltre la distanza della maratona e ora il mio corpo si sta giustamente lamentando. Insisto con la corsa solo perché camminando le gambe mi fanno ancora più male che correndo, sono lentissimo, talmente lento e rincoglionito che mentre corro mi viene sonno! Giuro! Si chiudono gli occhi!
Nonostante tutto il miraggio dell’ultimo ristoro sopraggiunge. E’ il ristoro del novantacinquesimo chilometro ed è come tutti gli altri: ci sono i membri dello staff, ambulanza e qualche concorrente stanco quanto me. E’ l’aria che si respira ad essere completamente diversa. E’ aria di evento quasi compiuto, simile alla sensazione che sentivo gli ultimi giorni di scuola, o gli ultimi giorni di naja, quando è quasi finita e nonostante tutto sei un po’ malinconico. Forse perché gare come il Passatore comprimono in poche ore grandi emozioni, o forse perché sono in crisi ipoglicemia e il cervello è andato in loop mistico.
Gli ultimi cinque chilometri per le gambe sono come una maratona, è solo la testa che mi fa andare avanti. Quando entro in Faenza dai locali ancora aperti c’è gente che mi sprona, tutti che urlano che è finita, che manca veramente poco. Più mi avvicino al traguardo più inconsapevolmente accelero vedendo gente che è ancora li ad aspettarci e incitarci. Si sente la voce dello speaker, arrivano le transenne poi vedo il traguardo e scatto con le ultime forze che mi rimangono:
Faenza – Tempo 11:39:02 | Dist. 100 km – Media 6’59” min/km | Pos. 389°
La prima cosa che mi viene in mente dopo aver tagliato il traguardo e che mai e poi mai rifarò il Passatore. Dopo qualche giorno il “mai è poi mai” si è trasformato in un più possibilistico “magari in un lontano futuro”. Oggi invece ho la certezza che prima o poi sarò ancora li, a Firenze, sulla linea di partenza in un caldo pomeriggio di maggio. Non so quando, non so come, ma sono sicuro che in quel momento avrò l’accortezza di non usare gel energetici come fossero supposte!
PS: Evito per pudore di descrivere i miei pantaloncini nel dopo gara ma ringrazio chi mi ha prestato la fiamma ossidrica che ho usato per levarmeli.