La cronaca dei miei “Passatori”
La cronaca dei miei “Passatori”:
Secondo me è sbagliato pensare al Passatore come una singola gara, la lunghezza e la complessità del percorso la rendono l’unione di diverse esperienze distinte e ognuna unica.
La prima è il pregara, Piazza della Repubblica invasa dai runner crea un’atmosfera magica, non quella che si respira alle gare solite, nessuno che si spalma la caratteristica crema, nessuno che si scalda, solo tante persone che parlano tra loro e incuriosiscono i turisti. Un volontario della croce rossa mi chiede dov’è l’arrivo, gli dico Faenza, lui mi guarda stupito e mi dice: “Faenza? Ma lo sai dov’è Faenza? In bocca al lupo!”.
Si fanno le 14:30 e tutti in griglia, sino a pochi minuti prima c’erano i turisti, ora via de’ Calzaiuoli è solo per noi. L’emozione di quella mezz’ora di attesa è impossibile da raccontare, sai che stai per partire per un viaggio che durerà per un bel po’ di tempo, un’esperienza dove scoprirai qualcosa di nuovo, una mezza giornata tutta per te nel fare quello che ti piace sino a che non ne potrai più. E’ difficile spiegare cosa si prova in quel momento, prima di una 10,21,42K si pensa alla performance, qui invece ci si interroga sull’ignoto che ci aspetta.
Ad un certo punto lo sparo e si parte. Un fremito percorre per tutto il corpo: è iniziata.
La prima parte scorre per la bellissima Firenze, per poi uscirne alla volta di Vetta le Croci, la strada è chiusa al traffico ed è tutta per noi, pendenza dolce, tempo caldo ma accettabile, le gambe fresche e la voglia di muoversi leggeri e veloci, l’atmosfera di festa, il passo rilassato e facile, i profumi e il panorama stupendo sulla città fanno passare questi primi km in puro godimento. E poi tifo, applausi e l’incitazione di tantissime persone, ristori volanti, le signore con le canne dell’acqua a rinfrescarci, bambini che salutano, sono tutti li per noi e per condividere un po’ della nostra gioia. Sbuco trionfale al passo e sembra di essere all’arrivo del Giro d’Italia, per me si può anche chiudere qua, questi 16 Km valgono da soli il prezzo del pettorale, pienamente soddisfatto e con l’animo carico di emozioni positive decido di continuare. Voglio sapere cosa viene dopo.
Capitolo 2: Il piacere della corsa. Scollinati si inizia a scendere alla volta di Borgo S. Lorenzo. La temperatura cala, la discesa lieve corribile, la brezza e il panorama tra gli appennini mi fanno tornare a godere al 100% il piacere della corsa, passo leggero e rilassato, le gambe vanno da sole senza fatica, c’è spazio solo per la gioia di essere qui. Bello Bello Bello. Ed ecco che siamo a Borgo, ma come? Sono già passati 32 km? No, ne voglio ancora!!! Si passa il controllo e qui volendo si potrebbe ritirare la medaglia e tornare a casa, ma non ci penso neanche, io da qui non me ne vado, avanti che siamo ad un terzo!
A volte in gara si soffre e non si vede l’ora di finire le sofferenze, qui invece si gode e non si vede l’ora di sapere cosa viene dopo, cosa volere di più?
Ora ci aspetta la scalata alla Colla, il ritmo rallenta ma la pendenza non è mai estrema, so che mi aspettano 16 Km in salita, ambiente sempre stupendo e ad ogni paese tifo continuo, ma non si stancano mai questi romagnoli! Eh no, non si stancano, da qui sino alle tre di notte, e poi anche sino al mattino seguente, festa continua e un tifo che sembra eterno. Le bande giovanili suonano lato strada, c’è chi griglia e, tanti, bevono una birra mentre ti incoraggiano… e se leggono il motto sulla tua maglietta te la offorno anche!
Pian piano si sale, la temperatura scende e alla fine siamo in vetta al km 48. Gli stolti a questo punto pensano: “Oramai è tutta discesa”, gli illusi “Siamo a metà”, chi c’è già stato invece sa che il Passatore inizia qui. E qui sento che le cose ora cambieranno: lo si sente nell’aria.
La maggior parte dei corridori va alla tenda dove ritirare il cambio, io invece ho portato tutto con me, volevo essere il più autosufficiente possibile, mi metto in un angolo e tolgo lo zaino. Ormai sono le 20:30, inizia a far buio, il caldo di 5 ore fa è un lontano ricordo e tira un’arietta fresca sui 10 gradi. Maglietta, giacchino, manicotti e luce frontale. Accendo le luci di segnalazione, ripongo nello zaino la maglia bagnata e si parte per la discesa.
La discesa mi è amica, è ripida ma si corre bene, le gambe iniziano però a farsi sentire, come si sente la solitudine, non c’è più la bolgia di poco fa, tira vento e l’atmosfera pur sempre magica ora invita al raccoglimento e alla riflessione. Corro e penso, penso e corro e la fatica si fa sempre più presente… è ancora lunga, siamo ancora a metà… un messaggio a moglie e agli amici Birranners sempre presenti mi solleva un po’, ma so che d’ora in avanti sarà dura, inutile illudersi che sia sempre come al primo km, vecchiaia contro gioventù.
Arrivo al ristoro, il ventre grida vendetta ai troppi liquidi ingurgitati per il gran caldo e per l’alimentazione disordinata delle ultime ore, è ora di cena, ho fame, ma più che banane, uvetta e qualche uovo non ho mangiato, ormai le 5000 Kcal bruciate iniziano a pesare. Vedendomi in viso un volontario crede di passarmi una tazza di brodo, in verità mi passa l’elisir della felicità eterna, lo assaggio e in un istante torno bambino a quando bevevo il brò di gajna di mia nonna, ma questo è davvero il brodo di mia nonna! Non può essere altrimenti! Sono ormai tanti anni che lei non c’è più ma in qualche modo è venuta ad aiutarmi in questo momento di difficoltà. Dimentico il crono, mi siedo e mi gusto questi attimi di piacere profondo… solo col silenzio e le stelle di un cielo terso sopra di me… ma dopo un po’ la tazza finisce, tutto finisce, è ora di ripartire. Ringrazio e vado. Per la prossima ora tutti i problemi spariranno.
Siamo attorno ai 60 e arrivo nei pressi di Marradi, gli appennini sono superati, ma puntuale eccola arrivare la crisi, a questo punto le energie stanno per finire e l’idea di dover correre un’altra maratona, col solo briciolo di energie rimaste ti fa sentire un macigno sulle spalle. E’ dura, sono al freddo e al buio ma non bisogna mai fermarsi; passo una delle tante zone di festa, vedo i ragazzi brindare, la musica, la brace accesa, perché non fermarsi e non andare a festeggiare con loro? Perché voler continuare a soffrire? E’ la domanda che immagino quasi tutti si facciano, ognuno ha la sua risposta, la mia è che la corsa è anche un modo per crescere e diventare più forti, nella vita casi così ne accadranno di continuo e ben più duri che rinunciare ad una birra e una salamella, forza CMauri, se non ce la fai ora come potrai farcela poi? Il pensiero mi aiuta a stringere i denti e a continuare. Siamo a Marradi, km 65.
Ora viene forse la parte più dura, sul disegno dell’altimetria è tutta discesa, in verità è tutto un sali-scendi continuo, scendi in valle e poi risali al paese. In paese però sai che ti aspetta il tifo, tifo che incredibilmente non ti abbandonerà mai, alla fine è il più grande aiuto esterno che ti rimane. Su e giù si arriva all’80°, oramai manca solo una mezza e la fatica mentale passa. Il fisico è distrutto, fa male tutto, gli addominali soprattutto (mannaggia alla mia pigrizia e agli esercizi per il core che non faccio mai). Che differenza rispetto a quello che oramai è diventato ieri!
Però so che oramai ci siamo, si va avanti e si arriva all’ultimo checkpoint: Brisighella. Mancano 11Km e la fatica scompare. Il sogno segreto per questa corsa era di terminare in 12 ore, capisco che ce la posso fare, due conti e capisco che mi “basta” correre a 8 min/km. All’ultima Ultra in fine correvo a 7’30”, ora sono più stanco, ma so se che si può fare, pensare che normalmente correrei tranquillamente a 5′! Come cambiano le cose. Fa un po’ ridere pensare al tempo in questi momenti, ma siamo runner o no? 🙂
Provo ad allungare ad un epico 6’/km, ma quasi tutti i miei muscoli protestano all’unisono, allora mi accordo col mio fisico per un 6’30”, lui annuisce e riappacificate mente e corpo si va avanti. Spero di non cedere ed in effetti sarà così sino al 96° quando compaiono i cartelli km, e qui l’emozione non sto a raccontarla: immaginatela da soli, sparisce qualsiasi dolore e fatica, in un crescendo di ritmo supero una decina di persone, qualcuno prova a starmi dietro, ma dall’alto del (lo scoprirò dopo) mio 5’30” mi sento invincibile e così è, vedo il traguardo in lontananza e l’emozione mi travolge, arrivo in lacrime (costante comune per tutti le persone che vedrò arrivare sotto il gonfiabile), scroscio di applausi, lo speaker chiama il mio nome che vedo comparire sul tabellone davanti a me, una raffica di flash… ed è finita. 100 KM!!!!! 100!!!! Mi fermo, bacio Alessandra e lascio esplodere le emozioni.
PS: La sera dormirò solo due ore e ora, a distanza di 24 ore, sento ancora l’adrenalina scorrere allora penso di sfruttarla per scrivere queste “due” righe.