× Annullata la 49^ edizione della 100km del Passatore causa alluvione
PASSATORE MON AMOUR - 100 KM del Passatore | Firenze - Faenza

PASSATORE MON AMOUR

PASSATORE MON AMOUR

Me l’avevano detto: è la corsa delle corse. La 100 km del Passatore.

Difficile raccontare le emozioni che si sono succedute prima, dopo e durante quelle 9 ore 4 minuti e 44 secondi che ho voluto trascorrere correndo, per raggiungere Piazza del Popolo a Faenza.

Prima fase: il senso di libertà.

Semplicemente fantastico è il clima che si respira nell’attesa. Io ho bivaccato in piazza della Signoria; ho pisolato per un’oretta appoggiato al muro di Palazzo Vecchio, prima del colpo di pistola.

Seconda fase: saluti e partenza.

Un bacio a mio figlio Cesare, a papà Ivano, un abbraccio ai due grandi accompagnatori di giornata: il fidato e gradevolmente silenzioso Marco Magnani da Pozzaglio e il tenace e competente Max Comendulli da Soncino; il primo mi pedalerà a fianco dal passo della Colla, il secondo correrà con me per venti Km fino in vetta al GPM e poi nei trenta km finali… la matematica non è un’opinione: 20 + 30 = 50 km.

Terza fase: il benessere.

Le bellezze della Firenze rinascimentale rendono lieve la prima parte e stemperano le preoccupazioni. Uno sguardo al campanile di Giotto, un’occhiata allo stadio Artemio Franchi durante l’ascesa di Fiesole con un pensiero al grande Giancarlo Antognoni e al suo elegante stile di corsa, i riflessi degli ulivi a fare da contorno.

Anche la discesa verso Borgo San Lorenzo e la salita della Colla trascorrono tranquille, anzi mi motivano perché nessuno mi passa, tanti invece vengono raggiunti e superati. C’è solo una punta di rammarico nel vedere a bordo strada alcune fontanelle di acqua presumibilmente freschissima e non poterci metter sotto la capoccia. In 4 ore 13 minuti e 35 secondi sono in vetta.

Quarta fase: lo sconforto – la prima crisi

La discesa non è così facile. Il Garmin sembra bloccato. Non volevo forzare in discesa, ma neanche non essere in grado di andare sotto la media di 4,45 al km nel tratto che guarda in giù. La testa, dopo i 5 km all’apparenza più agevoli, comincia a dire che non ne può più. … Ma le crisi sono fatte per essere superate… e si procede.

Quinta fase: lo spillo – la seconda crisi

Inizia il falsopiano; siamo circa al sessantacinquesimo km e sento come un ago sotto il costato che mi taglia in due l’addominale obliquo a destra. Sono nel panico. Così non posso proseguire. Davanti a me vedo un runner che si tocca il fianco proprio nel punto dove anch’io avverto il dolore. Lo raggiungo e gli domando: “Come pensi di fartelo passare?”

Risposta:”Mi è già capitato una volta. Rallenta e fai un po’ di respirazioni allargando le braccia. Ripeti più volte il gesto e spera che ti passi…”   Funziona… avanti!

Sesta fase: salto nel buio – la terza crisi.

Cala la notte… Su Brisighella e su di me. La dinamica di corsa all’ottantanovesimo è sempre buona, ma fisicamente e mentalmente mi sento prosciugato. In lontananza vedo le luci di Faenza distanti, troppo distanti. Il ritmo cala fino a 6 minuti e 5 secondi al km. Mi giro verso Max e Marco, bevo un sorso di Coca Cola e pronuncio la frase che un runner non dovrebbe mai proferire: “ Adesso devo camminare”…. Cammino 10 metri… mi volto ancora verso i miei amici “Credo che andrò avanti così, soprattutto camminando”

Settima fase: il momento chiave: la frase giusta al momento giusto.

Penso di aver scelto Max come accompagnatore proprio perché immaginavo che cosa avrebbe potuto tirar fuori da me nei momenti pesanti. Il suo sguardo dolce si fa d’un tratto severo: “Fino ad ora hai fatto un’impresa, finire così sarebbe brutto… se cammini è peggio. E’ la mente stanca, ma tu ce la puoi fare!”. Non posso non correre. Fortuna vuole che sul ciglio della strada un gruppo di spettatori – venti persone – capisca la situazione… e, quando riparto, sprigioni un boato. I loro applausi mi scaldano il sangue… e io lo rimettono in moto e mi ricordo perché sono lì … e la fatica degli allenamenti… e le attese di moglie, figli, parenti e amici.

Ottava fase: Pozzaglio – Casalsigone – Pozzaglio.

La frase che mi ripeto sempre: “Quando mancano sei km alla fine di qualsiasi gara… è fatta”. In fondo percorro sei km tutti i giorni. E’ la distanza che separa il mio paese Pozzaglio dalle sbarre della ferrovia a Casalsigone e ritorno. Basta non dirsi che di solito ci arrivo fresco, senza 94 km alle spalle. Prendersi un po’ in giro, certe volte, fa bene.

Nona fase: Arrivo con Cesare.

Duecento metri tutti d’un fiato con mio figlio che tenta di superarmi sotto lo striscione tanto atteso.

Apoteosi!

Alla fine di questa avventura urgono alcuni ringraziamenti.

A Marcello Parma: doveva essere tra gli accompagnatori, ma un problema fisico l’ha tenuto a casa. Abita di fronte a me. Da tre mesi regolarmente si informa di tempi, allenamenti, stati d’animo. Mi ha costantemente infuso coraggio. Il 24 e il 25 maggio era a Pozzaglio, ma l’ho sempre avvertito vicino.

A Marco Magnani: gli amici – soprattutto quelli più riflessivi – sono un dono prezioso.

A Massimo Comendulli, neo tesserato marathon: mi ha fatto correre su un tappeto. Trovare la forza di sacrificarsi così per un altro… solo un Grande lo poteva fare!

A papà Ivano: un grazie di cuore per avermi passato in modo naturale e senza forzature la passione per lo sport amatoriale… che è quello più vero.

A Cesare: che fatica si è sobbarcato; ma era troppo curioso di vedere se papà ce l’avrebbe davvero fatta. Chissà con che espressione l’ha poi riferito alle maestre?!

A Giuseppe Gazzaniga: ogni volta dispensatore di consigli fondamentali. Il 25 aprile ho corso la 50 di Romagna e il Primo maggio la maratona di Vercelli. Volevo affrontare il secondo appuntamento piano, solo per fare fondo. Beppe ha insistito: “Tira, tira!”   Aver corso a un ritmo di 4 minuti e 16 secondi al km la maratona del Riso mi ha convinto che il Passatore sarebbe stato alla mai portata.

A Cavallo: la sua esultanza, quando mi ha visto all’arrivo a Faenza, mi ha commosso.

Ad Andrea Tacchinardi e a Giuseppe Marca: che ogni venerdì e ogni domenica, con le loro gare organizzate nei paesi, mi danno modo di incontrare tanti podisti con cui confrontarmi e divertirmi.

Ah, dimenticavo! Durante la gara mi sono scappate queste parole: “ questa corsa è come il Mortirolo per un ciclista. La fai una volta poi STOP”….

Ma di notte, in sogno, la voce dell’omino con lo schioppo e la barba lunga, la voce del brigante degli Appennini detto il Passatore ha iniziato a borbottarmi nelle orecchie: “Aldo…. Aldo… ti aspetto ancora… magari l’anno prossimo sulla Colla… e poi giù fino a Faenza… passando per Marradi e Brisighella. Sembra tutto uguale a quest’anno, vero?… ma sarà tutta un’altra storia!”

 

Massimo Aldovini (Aldo)

 

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