Passatore 2011 – Quel pezzo di ferro
L’edizione 2011 del Passatore è iniziata per me il 29 Maggio del 2010, quando, a causa di una forte crisi di asma, non ho potuto partecipare all’edizione 2010.
Mandai un messaggio agli organizzatori chiedendo di potermi già da subito considerare iscritto all’edizione successiva; poi iniziò l’attesa.
Un primo intervento chirurgico a Settembre e soprattutto il secondo a Dicembre avevano poi minato la speranza di tornare a Faenza di corsa.
Però, se da una parte il crollo fisico era evidente, dall’altra la testa lavorava e, forse, qui è saltata fuori la mente dell’Ultramaratoneta. Quella capacità di “vedere” una meta anche quando è lontanissima. Visualizzare un obiettivo che non si può quasi nemmeno immaginare e fare già da subito quel piccolissimo passo in avanti nella giusta direzione.
L’obbiettivo era la Abbots Way. Avevo bisogno di sognare quei 125 Km di Appennino da Pontremoli a Bobbio. L’avevo fatta nel 2010 e ci volevo assolutamente tornare.
Mancavano 4 mesi. 4 mesi per togliermi sondini, drenaggi, punti di sutura, alzarmi dal letto e… correre.
E’ successo proprio tutto così: Bobbio è arrivato dopo 4 mesi e 17 ore di corsa.
Mancavano 4 settimane al Passatore.
Non avevo fatto le classiche tappe di avvicinamento: Strasimeno a Marzo, la Maratona di Russi i primi di Aprile e la 50 Km di Romagna. Ero andato per boschi con zaino e lampada frontale.
Qualche dubbio lo avevo, ma stavo bene e quindi valeva ancora il solito obiettivo di arrivare in meno di 9 ore (entro la mezzanotte).
Durante la corsa ho guardato l’orologio una sola volta, al passaggio dei 42,195: 3ore e 20. Ho pensato alla mia prima Maratona fatta in 3ore e 18.
Per chi come me fa la gara senza assistenza, la salita della Colla rappresenta un momento delicato. I ristori ci sono ogni 5 Km, passano anche 35/40 minuti da un ristoro all’altro e 40 minuti senza bere sotto il sole… Mi chiedo perché più nessuno ha il coraggio di affrontare il Passatore da solo. Sono uno dei pochi che si ferma ai ristori per bere e per mangiare qualcosa, in tanti vanno dritto facendo affidamento sui “frigo-bar” che hanno al loro seguito. Non sanno quello che perdono! Il Passatore è un viaggio che si affronta nudi, profittando dell’ospitalità della gente che si incontra, ospitalità che si trasforma in un bicchiere di acqua, un tozzo di pane con la marmellata o con la mortadella, un uovo sodo (per chi si sente di mangiarlo), anche in un bicchiere di vino. Se non ti fermi non sei al Passatore; lo stai solo guardando da vicino.
Dopo Marradi fino a Brisighella: il tratto da sempre più difficile. La stanchezza comincia a farsi sentire, mancano ancora tanti chilometri e arriva la notte.
Qui è necessario mantenere la calma, supero qualcuno che cammina, chiedo se ha dei problemi. Nei Trail si fa così, dimentico che nelle corse su strada non si usa prestare soccorso ed infatti noto la sorpresa, poi arriva l’assistente in bici e quindi vado via.
L’arrivo a Faenza, gli applausi della Gente, i brividi, questa dodicesima così come la prima volta.
In un angolino il bacio alla medaglia riservata a chi ce l’ha fatta. Mi sembra che Di Cecco, fortissimo maratoneta, quest’anno per la prima volta al Passatore, noti quel gesto. Gli vorrei dire che SI’ ho fatto 100Km per baciare quel pezzo di ferro e ora sono contento. Il tempo di 8re5minuti5secondi, il 15° posto in classifica generale e la medaglia d’argento nel Campionato Italiano di categoria, sono dettagli. Erano due anni che volevo rimettermi quel pezzo di ferro al collo.
Enrico Bartolini
Articolo è stato pubblicato il 1 giugno 2011 alle ore 19.15