× Ritorna la 49^ edizione della 100km del Passatore - 25-26 maggio 2024
Da 100 a 200 - 100 KM del Passatore | Firenze - Faenza

Da 100 a 200

Da 100 a 200

Da 100 a 200

 

Durante l’edizione del 2019 giunto a Brisighella, un amico mi chiese quante Cento avevo fatto. Risposi che quella era la prima e anche l’ultima. Lui rise e mi disse: “vedi, tu arriverai distrutto; andrai a letto, dormirai, mangerai, avrai male dappertutto; poi, tra un paio di giorni, quando i dolori si attenueranno, cercherai sul calendario la data della prossima edizione”.

Era finita con una soddisfazione immensa, una gioia solo sperata per uno come me, non sportivo, non runner, poco preparato, ma anche con una caviglia gonfia e livida, un po’ di febbre, e diversi acciacchi che ci misero giorni a sparire.

Quell’amico tuttavia aveva ragione. Poco dopo, con l’affievolirsi dei fastidi, iniziai a pensare alla successiva: mi iscrissi quindi praticamente subito.

Quest’anno appena scendo dal bus che mi porta a Firenze sento un crampo fortissimo al polpaccio sinistro. “Sono ancora in ciabatte e ho già i crampi”, penso, “siamo messi bene”. Del resto, l’ultimo mese e mezzo mi sono allenato malissimo, prima una bronchite, poi una gastrite mi hanno fatto perdere condizione e dubbi sulle mie gambe li avevo già da diversi giorni.

Alle Cascine incontro il mio amico Michele con cui passo le ore che ci separano dalla partenza, tra il pasta party, il rito della vestizione, la sistemazione dello zainetto, la consegna della borsa, la camminata lungo l’Arno fino alla “gabbia”.

Piano piano la zona di partenza si riempie e incontro gli altri del gruppo “18 ore di Felicità”. Un gruppo nato dopo l’edizione del 2019 con amici da tutta Italia che si è dato l’obiettivo di arrivare a Faenza per le 9 di mattina, in 18 ore appunto. So bene che non arriveremo tutti insieme, è impossibile. Ognuno bene o male correrà la “sua” Cento. Ma sarà bello partire in gruppo, fare i primi km in allegria e poi accada quel che accada.

La salita verso Fiesole sotto il sole crea una prima selezione, così come le corsette nei tratti pianeggianti e le prime discese dopo Vetta le Croci; mio cugino Ivan, Laura, una ragazza conosciuta al via, ed io decidiamo di mollare il gruppo per risparmiare un po’ di energie visto che siamo comunque in anticipo con la tabella di marcia che ci siamo dati.

Arriviamo a Borgo San Lorenzo alle otto e mezza, inizia a rinfrescare, mio cugino comincia ad avere problemi di vesciche; poco dopo ci lascerà, ma stringendo i denti arriverà alla Colla, conquistando almeno quella medaglia. Io e Laura, che fino a poche ore prima eravamo due perfetti sconosciuti, marciamo insieme spediti verso la Colla.

Laura ha un passo agguerrito che a tratti fatico a tenere, ma è bello salire in compagnia, seppur per lo più in silenzio, ascoltando il proprio respiro, le proprie terminazioni nervose, i rumori della natura, accompagnati dalle lucciole e dai lumini degli altri.

Alla Colla la pasta è finita e sinceramente anche una bella fetta delle nostre energie. Quanto mi avrebbe fatto bene il massaggio di cui avevo potuto godere l’altra volta!

Eravamo ancora in leggero anticipo con la tabella delle 18 ore e la discesa lasciava ben sperare, ma poi è esploso inatteso un male al ginocchio destro. Non ho mai avuto dolori al ginocchio destro in tutta la mia vita, a quello sinistro si, ma quello destro mai. Questo mi impediva di spingere e quindi di lanciarmi in corsette sfruttando la discesa. Ho detto a Laura di andare se ne aveva, che non mi sarei assolutamente offeso, io comunque sarei arrivato in qualche modo, ma evidentemente anche lei non era proprio al top. Scendiamo quindi di passo verso Marradi, cercando di non farci investire (possibile ci sia più traffico in quelle strade all’una di notte che in tangenziale a Milano?). Arriviamo ancora allineati alla nostra tabella, ma i dolori sono sempre maggiori. Al ginocchio si sommava il fastidio crescente ai quadricipiti e si insinuava anche un dolorino alla pianta dei piedi.

Decido di mettermi il tutore, perdiamo un po’ di tempo e da quel momento anche un po’ di passo. Albeggia e questo ci incanta, una carezza sulla pelle sudata che dura giusto il tempo di una foto. Al ristoro di strada Casale devo sedermi qualche secondo, la mia compagna preferisce rimanere in piedi perché teme di non riuscire a rialzarsi.

Si ferma la navetta scopa. Le chiedo: “vogliamo salire?”, ma è una domanda retorica. Vorremmo, si, la tentazione è fortissima, ma non lo faremo mai al mondo, dobbiamo arrivare a Faenza: manca “poco”. Ormai il ritmo è sceso vertiginosamente, siamo già in ritardo di 20 minuti sulla tabella di marcia: Laura ha paura del cancello di Brisighella, ma cavoli quello è alle nove e mezza, non sono neanche le sei. C’è margine e questo in qualche modo la solleva; almeno così credo.

Al cartello “Fognano” le dico che manca poco a Brisighella, che c’è un detto Romagnolo che dice che tra i due paesi c’è “una pisciata di cane” proprio per raffigurarne la vicinanza. Dopo 20 minuti mi chiede quanta pipì fanno i cani romagnoli perché Brisighella ancora non si vede; ci arriviamo alle sette e mezza circa. Siamo in riserva.

Aggiorno la famiglia. Mi scrivono: “noi usciamo!”. Ho tenuto botta fino a quel momento pensando a loro, a mia moglie che sicuramente non aveva dormito cercando di seguire i miei progressi dai messaggi che le mandavo di tanto in tanto compatibilmente con la ricezione e alle mie figlie che sarebbero arrivate ad accogliermi, quindi non c’era più spazio, se mai ce ne fosse stato, per mollare perché stavano arrivando loro Tutti ci dicono che manca poco, ma in quei momenti il concetto di poco è dannatamente relativo. Sono ancora ”solo” 11 fottutissimi chilometri, ma quello che ci separa dal centro di Brisighella al cartello dei “90” sembra essere lungo come tutti quelli percorsi fino a quel momento. Ormai ci siamo è vero, ma ho saputo di gente che si è ritirata al cimitero di Faenza, quindi mai dire mai; intanto si è alzato il sole ed è già caldissimo.

Camminiamo (io maluccio) a un passo ormai blandissimo e il mio sguardo controlla ogni auto che sale verso Brisighella con la speranza di vedere quella di Ottavia, mia moglie. Lei mi chiama e dice che ci aspetteranno al ristoro di Errano, un altro chilometro eternamente lungo! Che festa però, ci sono loro, i miei amici Ireneo e Stefano, Fabio in bicicletta. Mi prendono in giro per il mio passo sbilenco, ridiamo, è uno sfottò pieno di amicizia e rispetto e mi dà la spinta per muoverci verso Faenza. Per un tratto le mie donne ci accompagnano prima di andare in piazza, pochi km dopo si uniscono al gruppo di supporto Paolo e Filippo, che fresco di Cresima indossa la maglietta che gli abbiamo regalato, incontro anche i miei zii Luciano e Lina.

Arriviamo al cartello dei 99km. Io e Laura facciamo un’ultima incredula foto di “gruppo”. Ormai è fatta.

Arriviamo in piazza, vedo tra la folla le mie donne, mia sorella, tutti gli altri.

Sbircio Laura a fianco a me: ha gli occhi gonfi di lacrime. A pochi metri dal traguardo faccio un passo indietro, è la sua prima Cento e deve tagliare il traguardo da sola, avere la sua foto a testimonianza e premio della sua fatica; poi a dirla tutte le ho già rovinato troppi scatti fino a quel momento.

Passo io.

Ce l’ho fatta; di nuovo. Un secondo e non capisco più niente. Dovrei piangere, abbracciare moglie e figlie, ma sono sopraffatto dai pensieri, dalla fatica, dalla gioia. Prendo la medaglia, il vino, corro a togliermi scarpe e calzini.

Saluto la mia compagna di avventura e la ringrazio, fare fatica in due è stato più facile. “Ci vediamo alla prossima”, “non credo” dice lei, “vedremo” rispondo io.

Poi mi godo l’abbraccio della famiglia, degli amici, della piazza festante. La colazione.

Finalmente mi riposo. I dolori passeranno in fretta. La soddisfazione rimarrà per sempre. Anche questa volta IO C’ERO!

Mi trovo a leggere i racconti di altri finisher, spesso leggo i commenti di podisti centrati che si chiedono cosa spinga gente con poca preparazione a fare la 100 km del Passatore per arrivare semmai all’ultimo minuto, sofferente, spesso malandato.

Per lo più sono corridori di altre zone. Chi è di queste terre sa che la Cento è, prima ancora di una gara podistica,  una sfida, ma anche viaggio, un cammino in un paesaggio bellissimo, in mezzo a persone incredibilmente fantastiche, dai volontari ai ristori che ci ringraziavano (loro a noi?!), all’anziana alla finestra che batteva le mani alle 5 di mattina a tutti i partecipanti, in viaggio con se stessi, mai veramente soli, una prova della propria determinazione, della propria “ignoranza”.

E’ per queste emozioni, per gli occhi gonfi di Laura, che sono anche i miei occhi gonfi, per gli amici nuovi che ho incontrato lungo lo strada, per quelli che mi hanno aspettato al traguardo, per gli affetti che mi hanno sostenuto magari con un filo di preoccupazione, per chi (e so che c’è) ha pregato perché riuscissi nell’impresa, per l’abbraccio orgoglioso di mia moglie e delle mie figlie, per la fatica e il male che mi hanno accompagnato e la determinazione che è servita per andare oltre, per quella sensazione che ancora oggi mentre scrivo ancora sento dentro di me, per tutti quelli che incontrandomi prossimamente mi diranno “ho saputo che hai fatto la Cento, complimenti”; per tutto questo ho rifatto la 100 km del Passatore Un misto di emozioni che passata la fatica ti fa sentire grato, forte, guerriero, sostanzialmente felice e anche un pochino migliore.

“La prima volta per scommessa, la seconda (quest’anno) per desiderio di riprovare; la terza sarà nostalgia di tutto (nostalgia è il periodo da adesso al ’77)”. Così scriveva Marino Maccina, 29 anni di Riccione nel 1976 (tratto da “La 100 km del Passatore”). Così davvero potrei scrivere io oggi; quindi ora chiedo: sapete quando aprono le iscrizioni per la prossima?

 

Derek Zoli

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